Colgo spunto da qualche episodio spiacevole successo a persone a me molto care per tornare a scrivere in questo trasandato blog; argomento del giorno è la buona educazione o, meglio, la mancanza di buona educazione.
L’incipit “ai miei tempi”, abbastanza odiato e inflazionato, suona quasi ridicolo in bocca a un 36 enne che la guerra di certo non l’ha fatta; eppure, purtroppo, in soltanto una generazione, le cose sembrano davvero peggiorate.
Qualche giorno addietro una mia cara amica, incinta di 8 mesi e con un bel pancione chiaramente indicatore del suo status, ha chiesto ad un noto bar nel centro storico di Siracusa, città eletta ormai da tutti i portali del mondo una delle mete turistiche più ambite, di poter usare il bagno. La prima risposta del signore presente (non sappiamo se il titolare o un suo dipendente) è stata già molto indicativa: “prima deve consumare!”. Alle proteste della prossima puerpera, il soggetto in questione ha inizialmente acconsentito all’uso del famigerato bagno.
All’uscita dai servizi però, la mia amica si è sentita apostrofare con una perentoria richiesta di 50 centesimi da pagare; “ma nessuno in città ha fatto mai pagare l’uso del bagno, specialmente ad una donna incinta!” ha spiegato la giovane futura mamma; “non è vero – ha risposto sempre il soggetto in questione – il bar……… (e nomina un famoso bar nelle vicinanze) – lo fa pagare.” “La devo smentire – lo gelò infine la mia amica – sono stata lì qualche giorno fa e sono stati invece gentilissimi”. Qui, a questo punto, arriva il tocco di grazia, la finezza che ci inorgoglisce in quanto discendenti di Archimede, eredi di Corinto, cultori della bellezza e dell’eleganza: “E allora si ni issi all’autru bar!” (Traduzione dal siciliano: e allora se ne torni pure nel bar dove non pagava!”).
Il gesto, inqualificabile, ha una difficile spiegazione, se non nell’assoluta mancanza di buona educazione da parte di questo “signore” (usiamo le virgolette), alla quale va aggiunta l’assenza di umanità, buon senso, sensibilità, correttezza. Il problema – torno a specificarlo – non riguarda nemmeno la richiesta dei 50 centesimi che si sarebbero potuti chiedere in ben altro modo, ma il tono da cafone maleducato che di fatto mette una croce sopra alla frequentazione di quel bar da parte di un bel gruppetto di persone, capeggiato da un non modesto consumatore come il sottoscritto.
Ma non è tutto.
In città – ma credo un po’ ovunque in Italia, anche se ovviamente non ne ho contezza diretta – è in atto una sorta di diffusione di un sentimento di cattiveria gratuita che sembra addirittura piacere più della buona educazione.
Da non confondere con il pessimo buonismo – che invece diventa una filosofia che tutto giustifica, anche comportamenti inqualificabili – la buona educazione è ad esempio quella di cedere il posto sui mezzi o in sala d’attesa ad anziani, donne incinte, persone con difficoltà deambulatorie; aiutare giovani donne o anziani a trasportare la spesa, casse d’acqua, pesi ingombranti; salutare con un sorriso e un buongiorno i vicini, intavolare una breve discussione in ascensore, dire “grazie”, “prego”, “mi scusi”, “si figuri”, “di niente”, “permesso”, “per favore”, oppure perché no, dare un bacio a vostra moglie/marito/compagno/mamma/papà/nonno/nonna senza un motivo apparente, solo per dimostrare un po’ di affetto.
E invece, siamo sempre incazzati. E non tolleriamo più niente e nessuno. Una donna entra in un noto negozio in carrozzina e una persona esclama: “già siamo stretti, ci mancava pure quella con la sedia!”. Aberrante.
Se una donna incinta salta una coda, al supermercato come ad un pubblico ufficio, nel rispetto della legge, sono più gli sguardi di odio che quelli di gioia per il pargolo in arrivo. Terrificante.
Se una persona con difficoltà motoria nell’attraversare la strada perde un attimo più di tempo, gli suoniamo irritati. Vergognoso.
E in questo contesto non voglio nemmeno toccare l’argomento della buone educazione online, un universo che puzza come una cloaca, pieno di leoni da tastiera che, di fronte allo sputtanamento dal vivo, poi diventano pecorelle.
Io lo so perché siamo incazzati: i soldi, i pagamenti, le tasse ecc. Ma quando pensiamo a cosa possiamo fare per migliorare il mondo, non immaginiamoci come statisti che governano i popoli; pensiamo ad essere più gentili prima di tutto con chi ci sta attorno e poi anche con gli estranei. Sono convinto – ma qui si entra forse nell’utopia – che una grande cambiamento può iniziare soltanto dopo un gesto di gentilezza.
A proposito: grazie per avermi dedicato qualche minuto del vostro tempo!
La gentilezza é l’arma più potente di cui un essere umano si può dotare, che peccato che troppo spesso non ne abbia consapevolezza!